LA STORIA DI VILLA MATTEI

Sul tratto della via Emilia compreso fra S. Prospero e Ponte d’Enza, si scorge da lungi, a sinistra, questa maestosa villa con la sua torre che svetta sui campi circostanti e denominata “Corte Mariana”. Una casa rustica centrata da un arcone, prospiciente sulla via Emilia, ne costituisce l’ingresso: evidentemente questo fabbricato era una volta l’abitazione del custode o guardia-portone. Un rettilineo viale, di un chilometro circa, porta alla villa che si presenta di un’architettura particolarmente originale. Esibisce un’ampia facciata a solo primo piano con un corpo centrale assai avanzato, munito di un altro portone affiancato da due nicchie attualmente vuote: sul portone rilevansi le iniziali B.P. composte mediante capocchie di grossi chiodi. Il primo piano dell’avancorpo è interamente composto da un arioso loggiato aperto in facciata con 5 vani e 2 ai fianchi, sostenuto da colonne e architravi di stile dorico, che sostengono un elegante fastigio con acroterio curvo anziché triangolare. L’intera facciata è decorata e suddivisa in eleganti riquadri da strisce o fascie.

Il frontone porta uno stemma rappresentante un leone leopardato rampante con la testa retroversa che regge una sfera con la zampa anteriore destra: è lo stemma dei Marchesi Corradi-Cervi-Robiani, fiancheggiato da due figure muliebri sedute con fasci di grano fra le mani. Il tutto è attualmente assai scolorito e quasi cancellato: una foto di 50 anni fa motivo nell’architrave sovrastante al loggiato. Le due ali arretrate si prolungano lateralmente sì da costituire un cortile interno delimitato da tre corpi di fabbricato disposti ad U. Alla sommità della villa si erge un’alta e massiccia torre terminante con un’altana chiusa, a cuspide. Infine, sul lato destro (est) sporge un grazioso portico costituito da 6 colonne sostenenti una cupoletta emisferica che culmina con un’elegante balconata al primo piano, foggiata su identica forma. L’insieme della villa suscita un’impressione quanto mai gradevole e le sue linee, nonché i particolari architettonici, la fanno ritenere parto di un progettista di vaglia: la tradizione vuole, infatti, che sia opera di E.Petitot. I. Dall’Aglio afferma la sua costruzione nel 1682 e una successiva ricostruzione del Petitot.

L’androne di accesso, ampio onde consentire il passaggio e la sosta di cocchi, immette in un portico di 5 arcate prospicienti sul cortile. A destra dell’ingresso, esiste una cappella mantenuta con scrupolosa efficienza. La cappella offre 2 ingressi: uno dal portico del cortile, un secondo più particolare dall’interno della villa, che vi scende mediante un’elegante scaletta a 2 rampe opposte e munita di ringhiera in ferro battuto. Al lato sinistro dell’ingresso vi sono locali già adibiti a portineria. Le stanze laterali, tutte a volto ribassato, risultano recentemente tinteggiate.

Il primo piano presenta un ampio salone centrale che si apre su tutto il loggiato, ora ridotto miseramente a magazzino di granaglie. Vi esistevano, un tempo, varî pannelli ad olio su seta: due di larghe proporzioni, 8 più ridotti ed infine 4 quali sovraporte. Rappresentavano paesaggi decorativi, scene campestri o accolte arcadiche: staccati e ritirati dalla famiglia Stevani, sono tuttora in suo possesso. In una stanzetta laterale esiste ancora qualche pannello residuale affrescato, di epoca 1830, ma di valore limitato. Nei locali della torre, assolutamente vuoti, si rilevano alcune date di antichi e recenti restauri: 1808 – F.S. 1935 e un nome: Giuseppe Baroni. A destra della villa si estende tuttora un modesto giardino piuttosto trascurato, senza dubbio residuo di un parco di maggiori proporzioni; il viale d’ingresso s’inoltra invece fra distese verdeggianti a prateria, di magnifico effetto.

Dicesi che questa pregevole dimora sia stata costruita inizialmente nel XVIII secolo dai Conti Mariani, da cui prese la denominazione di “Corte Mariana”. Scarse sono le notizie su codesta Casata: si ha notizia solo di un Conte Orazio deceduto nel 1676 a Parma e sepolto nella chiesa di S. Croce.  Comunque, pare vi siano subentrati i Conti Bajardi (Pietro o Paolo) e ciò giustificherebbe la menzionata sigla B.P. esistente sul portone. Ai Bajardi seguì una famiglia Rossi, non meglio identificata, ma per breve tempo, poiché fin dai primi anni del XIX secolo appare nelle Mappe appartenente alla casata Meley, di provenienza francese, immigrata ai tempi del Du Tillot insieme a molti connazionali. Louis Meley, fornajo di Corte, è stato il capostipite di tutti i Meley parmigiani. Fu egli a fianco di Claudio Bouvier, scalco della Tavola di Stato e a Blaise Bonfillot “son garçon” (Bédarida) destinati a fornire pane viennese a Madama Arciduchessa M. Amalia.

Per la sua importante mansione Louis Meley fu inviato anche a Genova al seguito di Madama Louise, ma nel palazzo Doria ove erano alloggiati, non trovò un forno adeguato e restò disoccupato: il Console di Francia fu costretto ad ovviare al grave inconveniente e disporre per la fornitura del pane!... (Stanga)

I Meley, oltre la villa, possedettero una vera e propria tenuta, con varî poderi anche sul lato opposto della via Emilia, in frazione Martorano.

Un ramo della famiglia esisteva pure verso la fine del ‘700 a Colorno e una Marianna sposò un Luigi Olivetti colornese nel 1775. Nel 1836 corse la voce di vendita della Corte Mariana poiché Niccolò Paganini, scrivendo al proprio amministratore Germi, parla della tenuta Meley in vendita a S. Prospero per L. 250.000. Nel 1830 un Filippo Meley fu sindaco di Marore e la tenuta rimase ancora di proprietà della stessa famiglia fino al 1896 per passare al M.se Filippo Corradi-Cervi-Robiani che la detenne fino alla sua morte (1924). Dal figlio suo Alberto discende il M.se Filippo junior, oggidì noto scenografo e regista della TV Italiana.

In seguito la villa, con tenuta più ridotta dalla sua estensione primitiva, fu acquistata dal Signor Medardo Pederzini, la cui figlia Bice sposò il Comm. Vittorio Stevani. Nel 1936 la proprietà della villa e di 150 biolche passò al Signor Secondo Mattej, reduce dal Congo Francese con una buona fortuna, al quale è premorto il figlio Mario nel 1960, che accudiva alacremente alla gestione delle odierna “Corte Agricola Mattej”.

Recentemente, infine, in seguito sia al sisma che ha colpito la provincia di Parma nel 1983, sia ad una condizione di prolungato abbandono, l’edificio ha subito gravi danni (tra cui il crollo parziale del corpo avanzato e della torre); nonostante tali mancanze, tuttavia, esso è ancora leggibile sia nei suoi caratteri tipologici che nel suo apparato decorativo, e può essere interamente ripristinato, data l’esistenza di una ricca documentazione grafica e fotografica che ne testimoniano con esattezza la condizione originaria.

Dal 1990 la proprietà è di Villa Mattei Sas del Restauratore Mestro d’Arte Marco Pinna che ha curato personalmente il restauro e la ricostruzione rispettando l’architettura originale.